domenica 3 agosto 2008

In Italia un processo è SEMPRE e COMUNQUE ingiusto.

"Diritto al processo" è il titolo del quinto capitolo del libro di Giacalone.

Dopo aver indicato le nefandezze, le storture, del nostro sistema giudiziario , in questo capitolo si affronta un tema, a mio avviso ancora più drammatico:

quand' anche il magistrato italiano fosse personalmente integerrimo nei suoi comportamenti e preparatissimo nella sua dottrina giuridica, produrrebbe comunque una giustizia ingiusta!

Perchè? Perchè ingiusto è TUTTO il nostro sistema giuridico.

Se vogliamo, dunque, questo capitolo è molto più drammatico dei precedenti (il che è davvero "tutto dire") ....

Mentre lo leggerete, non dimenticatevi di fare, nella vostra mente, riferimento agli infiniti casi concreti che la cronaca ci ha regalato in tutti questi anni, dal caso Tortora al caso Franzoni, per non parlare degli innumerevoli casi Berlusconi .....




I diritti dell’uomo sono connessi uno all’altro in maniera inscindibile, così è evidente che il diritto a essere considerati innocenti perderebbe qualsiasi valore se non si accompagnasse al diritto di potere avere un processo giusto, equo.

L’articolo 6 della CEDU garantisce l’equità del processo, e quel testo è stato di recente riprodotto all’interno della nostra Costituzione.

Tutto quello che, nella realtà, contrasta con il dettato di questo articolo può essere fatto oggetto di denuncia alla Corte Europea.

La giurisprudenza della Corte, inoltre, si è incaricata di specificare che tale diritto deve essere garantito per ogni obbligo o diritto di tipo civile, così come di tipo penale.

Insomma, vale in ogni caso in cui il cittadino si trova a dovere affrontare il giudizio di un’autorità pubblica a ciò preposta.

Al diritto ad un equo processo la Corte assegna un ruolo centrale, in quanto consacra il principio della preminenza del diritto in una società democratica, e presiede a una buona amministrazione della giustizia.

Perché possa esservi un processo equo bisogna che ci sia, prima di tutto, un processo, bisogna, cioè, che sia garantito il diritto di accedere a un Tribunale.

L’accesso al Tribunale deve essere concreto ed effettivo, e sono illegittimi tutti gli ostacoli di carattere giuridico.

Ricordiamo, ad esempio che solo di recente la Corte Costituzionale italiana ha riconosciuto il diritto dei detenuti di rivolgersi a un Tribunale.

Se qualcuno, prima, avesse per questo motivo denunciato l’Italia alla Corte Europea ne avrebbe ottenuto la condanna.

Sono altrettanto illegittimi tutti gli ostacoli di fatto.

In Italia non solo i processi durano troppo a lungo (i numeri di questa bancarotta li abbiamo già visti), ma assai spesso sono interminabili i tempi che dividono l’inizio di un’indagine dall’avvio di un processo; e capita che in questi tempi lunghissimi vengano più volte cambiati i capi d’imputazione, così come capita che cambi la giurisdizione (per competenza territoriale o per competenza di materia).

Ciò porta i cittadini accusati a trovarsi in una situazione nella quale, di fatto, viene loro negato il diritto ad accedere ad un Tribunale.

Un altro “vizio” della magistratura inquirente è quello di avviare indagini dalle fondamenta alquanto traballanti, facendolo con gran clamore di stampa e, conseguentemente, con gran danno degli accusati.

Il tutto, poi, viene messo a dormire per anni, fino a quando non soggiunge la prescrizione.

A quel punto si versa qualche lacrimuccia, si lascia intendere che l’istituto della prescrizione è una sorta di eccesso di benevolenza verso i criminali (e non è così, la prescrizione è un istituto civile che serve ad evitare che ci si accanisca per anni contro persone di cui non si riesce a provare la colpevolezza), e si provvede a mettere una pietra sopra il tutto.

Vero è che l’imputato ha diritto di rinunciare alla prescrizione e di chiedere che il processo si tenga e si concluda, ma vero è anche che mentre i pubblici ministeri lavorano a spese della collettività gli avvocati di parte lavorano a spese dell’imputato, il quale, a quel punto, li paga già da una decina di anni.

Si comprende, quindi, perché molti, pur protestandosi innocenti, piantino in asso ogni ipotesi di continuare a difendersi da chi non può più attaccare.

Questo meccanismo, però, agisce come ostacolo di fatto ad accedere a un Tribunale e, pertanto, può essere fatto oggetto di denuncia alla Corte Europea.

Non può esistere processo giusto se le due parti non combattono ad armi pari, laddove ciò non fosse sarebbe compromesso il diritto ad avere giustizia.

La Corte si è dimostrata attentissima a questo punto, facendone più volte oggetto di approfondimenti sia per quel che riguarda i casi specifici, sia per quel che riguarda i giudizi sull’insieme della procedura che viene seguita.

L’uguaglianza delle armi “implica l’obbligo di offrire a ciascuna parte una ragionevole possibilità di presentare le proprie ragioni ... in condizioni che non la collochino in una situazione di svantaggio nei confronti dell’avversario”.

Lo svantaggio si realizza, ad esempio, quando l’amministrazione fiscale pretende dei pagamenti motivandoli in maniera generica e sommaria (e nessuno si è preso la briga di portare all’attenzione della Corte le nostrane “cartelle pazze”).

Ma ciò avviene anche quando il pubblico ministero riversa nel fascicolo processuale montagne di carte sostanzialmente inutili e ripetitive, accatastate da diecine di suoi collaboratori, mettendo così in crisi una difesa che non dispone degli stessi mezzi e che paga i collaboratori (e le fotocopie) di tasca propria.

Combattere ad armi pari significa anche stabilire con certezza la durata delle indagini ed assegnare alla difesa gli stessi diritti che ha l’accusa.

In Italia questo è vero solo su un terreno del tutto astratto e teorico, nella pratica, invece, se l’accusato si permette di avviare indagini che possano portare ad elementi utili per la difesa viene immediatamente accusato di volere inquinare le prove, con il rischio di vedere scattare provvedimenti di custodia cautelare.

Se la procura paga un folto gruppo di collaboratori di giustizia (alias pentiti), che si contraddicono fra di loro e nel tempo, tutto bene; se la difesa contatta un pentito, invece, rischia accuse pesantissime.

Se la procura arruola un testimone di comodo, che è stato indotto a dire cose non del tutto vere (quando non del tutto false), potrà offrire a costui l’impunità, magari coimputandolo di reato connesso (cosa del tutto diversa è il sistema americano, dove non esiste l’obbligatorietà dell’azione penale e dove l’impunità viene offerta solo a chi dice, subito, tutta la verità, senza rateizzazioni ed improvvisi, oltre che improbabili, ritorni o vuoti di memoria).

La difesa non ha questa possibilità.

Anche per questo (oltre che per una oggettiva impreparazione del mondo forense, degli avvocati), quindi, in Italia è impossibile assistere a processi “all’americana”: le indagini può svolgerle solo il pm.

Il che compromette la parità delle parti.

Non esiste, infine, parità delle parti se non in presenza di un Tribunale indipendente.

Anche su questo la Corte Europea si è dimostrata molto attenta: il giudice deve essere terzo e terso.

Deve essere assicurata la totale indipendenza del giudice tanto dal potere esecutivo quanto dalle parti. Così come deve essere protetto da ogni forma di pressione esterna.

Nel febbraio del 1999 una sentenza della Corte di Cassazione, in Italia, è stata al centro di una violentissima polemica. La sentenza si riferiva a un caso di stupro (nel merito del quale qui non entriamo affatto), e la polemica si è incentrata sulla valutazione di un elemento di prova (vale a dire il fatto che la presunta vittima portava dei jeans molto aderenti).

Si è levato un coro di dissenso durissimo, che ha raccolto le voci di molti parlamentari e molti esponenti di governo, a partire dal presidente del medesimo. Si è accusata la sentenza di medioevalismo, di maschilismo, di cecità e così via argomentando.

Si tenga presente che la Cassazione aveva, in quel caso, disposto il riesame della sentenza da parte di un nuovo Tribunale di secondo grado e non aveva affatto sostenuto che i jeans attillati giustificavano la violenza, ma avevano notato che la sentenza di secondo grado non aveva compreso che se la presunta vittima non se li fosse tolti la violenza avrebbe incontrato qualche ostacolo tecnico.

Ecco, chi potrà credere che quel Tribunale di riesame, dopo tanto clamore, agirà libero da condizionamenti esterni?

L’indipendenza del giudice, afferma la Corte Europea, deve essere oggettiva e soggettiva, il giudice non solo deve essere, ma deve anche apparire indipendente nel suo giudizio.

Ci si deve domandare “se, indipendentemente dalla condotta personale del giudice, certi fatti verificabili autorizzano a sospettare dell’indipendenza di quest’ultimo”; ed in tal senso anche le apparenze possono avere un ruolo importante.

Anche le apparenze contano .... ma in Italia siamo giunti ben oltre le apparenze.

Intanto siamo l’unico Paese civile di questo mondo in cui i pubblici ministeri ed i giudici sono dei “colleghi”: vengono dallo stesso concorso, vivono nello stesso palazzo, possono periodicamente scambiarsi di posto.

È mai possibile l’indipendenza, in queste condizioni?

Anche l’occhio, come si dice, vuole la sua parte: prima delle udienze e durante le pause si vedono giudici e pm che si salutano, si parlano, scherzano, fumano, vanno a prendere un caffè.

Come faccio a credere che siano indipendenti gli uni dagli altri?

Ci sono giudici che hanno già fatto domanda per andare a lavorare in procura e, nel frattempo, giudicano le cause portate da quella medesima procura.

Come faccio a credere che siano del tutto sereni ed indipendenti?

Si dirà: non drammatizziamo, sono pur sempre persone che lavorano, ogni giorno, nello stesso ambiente, che male c’è se si conoscono?

Difatti, non vedo nulla di male nel fatto che il pm e l’avvocato vadano a prendere un caffè assieme, prima di affrontarsi, da avversari, in aula; mentre trovo abominevole che l’uno o l’altro ci vadano con il giudice.

Il giudice dovrebbe essere, per le parti, inavvicinabile anche nella sua vita privata, figuriamoci nell’anticamera dell’aula di giustizia.

Invece basta mettere piede nei Tribunali per trovare comitive di compagni di merende. Ma non basta.

È capitato che una ripresa televisiva abbia colto il giudice mentre spiegava al pubblico ministero la propria tattica “del bastone e della carota” nei confronti della difesa.

Voi penserete, miei beati ed ingenui lettori, che quel giudice abbia passato dei guai, che sia stata compromessa la sua carriera. Invece no, non è stato neanche rimosso dalla funzione, ha solo ritenuto, bontà sua, di astenersi da quel particolare giudizio (e solo perché scoperto).

Sono agli atti della storia i bigliettini che si scambiavano un pubblico ministero ed un Giudice delle Indagini Preliminari (gip) in cui il secondo consigliava al primo, affettuosamente chiamandolo per nome e da questo ricambiato, come meglio incastrare l’indagato.

Peccato che a giudicare l’operato del pm è poi stato il suo suggeritore.

E se quello fu un caso portato alla notorietà (ma, non illudetevi, non successe nulla, o, meglio, successe solo all’indagato), vi sono migliaia di provvedimenti presi dai gip che sono copiati di sana pianta, errori di ortografia compresi, dagli atti trasmessi dai pm.

Altro che apparenze! Non basta ancora. Essendo colleghi, i giudici ed i pm, eleggono i loro rappresentati nel medesimo parlamentino sindacale come nel medesimo Consiglio Superiore della Magistratura, naturalmente entrambi divisi per correnti, naturalmente politicizzate.

Si eleggono fra di loro.

Per cui abbiamo assistito a campagne elettorali di gip sponsorizzate da pm. Voi pensate che, in quella situazione, il gip potesse essere indipendente dal pm? pensate che potesse dirgli: grazie per l’appoggio elettorale fuori dall’orario di lavoro, ma per quel che riguarda le carte che lei mi ha mandato (“tu” agli amici, “lei” alle parti, regola che non esiste) sappia che sono colme di castronerie?

Fate bene a dubitarne, perché le cose andavano e vanno all’opposto.

Tutto questo è condannabile e condannato, sol che le vittime si rivolgano a un Tribunale indipendente: la Corte Europa dei Diritti dell’Uomo.

Tutelando il principio dell’indipendenza la Corte ha anche interdetto la possibilità che un medesimo magistrato si trovi a ricoprire, nel tempo, diversi ruoli giurisdizionali a proposito di un stessa vicenda giudiziaria.

Insomma, si può essere solo pm, o solo gip, o solo giudici ed in un solo grado di giudizio. Il resto è proibito.

È proibito laddove si tengano in conto i diritti umani ed i principi del diritto, è capitato e capita, invece, in Italia.

Per questi motivi, purtroppo, da noi i giudici spesso non sono né terzi né tersi.

Questa, però, non è una fatalità cui rassegnarsi è una realtà da combattere. Con le armi del diritto e della politica.

E veniamo a una nota dolentissima, che procura all’Italia, presso la Corte Europea, un numero considerevole di condanne. Numero considerevole, però, che è solo un’infinitesima parte di quel che dovrebbe essere: basterebbe solo che i cittadini fossero consapevoli dei loro diritti e le denunce aumenterebbero in maniera esponenziale, con conseguente aumento delle condanne.

La durata ragionevole di un procedimento giudiziario influisce direttamente sulla credibilità e efficacia della giustizia.

Se la durata non è ragionevole la giustizia viene di fatto negata.

( … segue alla prossima puntata).


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4 commenti:

Andrea ha detto...

Il 5 agosto con Libero verrà "regalato" il nuovo libro di Giacalone sui "fannulloni". Domanda: ti sembra giusto che Travaglio e similari incassino miliardi con i copia-incolla e Giacalone debba scrivere praticamente gratis?

*paraffo* ha detto...

Sembra ingiusto, Andrea, ma bisognerebbe sapere come stanno le cose.

Visto che sei in contatto con lui, perchè non glielo chiedi?

Come ben saprai, scrivere non basta, bisogna anche trovare l' editore e bisogna che l' editore pensi di ricavare un profitto dalla pubblicazione.

Travaglio un mercato ce l' ha e ha contribuito a crearselo con le sue comparsate in TV, per non parlare poi del fatto che come ... "forse" ..... saprai non basta scrivere e trovare l' editore, poi bisigna trovare il sostegno dei maitre a penser sui media, cioè di coloro che ti pubblicizzano aggratis.

Giacalone chi cacchio lo conosce, a parte te e me?!!!

Andrea ha detto...

E allora vedi che vale la pena "alzare un pò di cagnara"?

(te l'ho detto che non mollo l'osso)

Bibbi ha detto...

Lo conosco io Paraffo, anche se non faccio testo :)
Buona serata ;)